Data | 26-06-2018 |
Categoria | Cultura |
Fonte | Comune di Varenna |
La "pièce teatrale" che verrà rappresentata sabato 30 giugno a Varenna, sul sagrato della chiesa prepositurale di S. Giorgio, rende omaggio al notissimo film diretto nel 1961 da Pietro Germi, liberamente ispirato al romanzo di Giovanni Arpino scritto nel 1960, "delitto di onore".
La vicenda, ambientata nella Sicilia degli anni '60, racconta del decaduto Barone Ferdinando Cefalù, detto Fefè, innamorato della bellissima cucina Angela, ma coniugato con donna Rosalia per la quale non sente più alcuna attrazione e delle sue macchinazioni per indurre la moglie a farsi l'amante, così da poterla uccidere in flagranza di reato.
In mancanza di una legge che consentisse all'epoca di sciogliere il vincolo coniugale e che arriverà solo nel 1970, le fantasie del Barone cercano la soluzione al suo problema nell'applicazione dell'articolo 587 del Codice Rocco, che infliggeva pene miti per l'uccisione del coniuge fedifrago, come si sul dire, colto in flagranza di reato.
Non sono quindi passati molti anni da quando la legge italiana costituiva il più efficace rimedio per lavare le coscienze nei casi di "delitti d’onore", eventi criminosi che, mediamente, erano più di mille all'anno. Ammazzare la moglie, la figlia o la sorella perché colpevoli di "illegittima relazione carnale" era del tutto comprensibile, anzi, indispensabile per chi volesse cancellare il peso dell’onta sul buon nome della propria famiglia.
Tre anni di carcere, sette al massimo, ed ecco che il marito, il padre o il fratello potevano tornare liberi, ripuliti e rispettati. Che poi quegli stessi uomini fossero “padri-padrone” o compagni violenti a nessuno importava: nessuna legge tutelava le donne.
Forti pertanto i rimandi alla contemporaneità, ove il femminicidio rappresenta un forte retaggio della cultura maschilista, ancora incapace di liberarsi dalla tentazione.